Il Commodore 64 fu presentato la prima volta in anteprima mondiale il 6 giugno 1982 negli Stati Uniti e commercializzato un paio di mesi più tardi. Per questa gloriosa macchina, durante la sua vita commerciale, venne sviluppata una considerevole quantità di software.
Prendendo come riferimento il più autorevole tentativo di catalogazione, il gamebase64 (http://www.gamebase64.com), soltanto per quanto riguarda i giochi possiamo contare oltre 27000 titoli. Se poi volessimo aggiungere a questa cifra anche tutti gli applicativi senza ombra di dubbio supereremmo agevolmente la soglia dei 30000 titoli.
Tra questi titoli 1% venne rilasciato su cartuccia mentre il restante 99% fu distribuito su nastro o supporto magnetico. Parliamo ovviamente di materiale ufficiale. Se invece volessimo considerare l’ambito dei supporti magnetici e nastri non ufficiali ad oggi, attraverso i file DAT di catalogazione, la somma raggiungerebbe la cifra di oltre 150.000 files per un totale di quasi 100 Gigabytes di informazioni.
In tutto il mondo si calcola siano stati venduti, tra i vari modelli, circa 22 milioni di macchine della Commodore e, benché probabilmente se ne avete ancora una in soffitta o in cantina, quest’ultima presumibilmente sarà ancora funzionante, dopo oltre 30 anni i vostri nastri e i vostri dischetti hanno, purtroppo, buone possibilità di non essere più leggibili.
Come abbiamo accennato insieme ai nastri, il principale formato di distribuzione del software per il Commodore 64 sono stati i dischetti floppy da 5 pollici e ¼. Nel loro involucro di plastica morbido (floppy) risiedeva il disco sempre di plastica magnetizzato.
I dati binari del gioco o dell’applicativo erano immagazzinati attraverso il sistema della polarità opposta: una polarità per l’uno (1) e una polarità per lo zero (0). I dischetti per questo motivo andavano conservati lontani da fonti magnetiche che avrebbero potuto smagnetizzarli con la perdita irrecuperabile dei dati contenuti.
Purtroppo le proprietà magnetiche di un disco si affievoliscono nel tempo, i segnali diventano deboli e la loro lettura inevitabilmente diventa più difficile. Col passare del tempo, quindi, la lettura risulta incostante finché i dati non possono essere più recuperati se non parzialmente e con apparecchiature hardware molto costose: superato questo punto di non ritorno il decadimento si conclude con la perdita completa dei dati.
Tutto questo accade quando le celle dei bit, che perdono lentamente la loro polarità e le loro transizioni di flusso, non vengono più rilevate o rilevate erroneamente. Questo fenomeno chiamato Bitrot può essere causato sia da origini ambientali, naturali o semplicemente dalla corrosione magnetica del materiale del supporto.
Alcune stime indicano che la durata dei floppy disk è compresa tra 10 e 30 anni anche se in realtà nessuno sa di preciso quanto possano durare ancora i floppy disk. Non esiste una scadenza: tra le tante variabili ci sono la qualità del supporto, l’utilizzo, il metodo di conservazione, i fattori ambientali, i repentini sbalzi di temperatura e di umidità, le muffe e infine il deterioramento del supporto stesso.
Tutti questi fattori possono concorrere a consegnare irrimediabilmente i dati contenuti nei dischi ad un destino fatale. Certamente non furono progettati per durare così a lungo, e credo che all’epoca nessuno avesse preso in considerazione l’idea che venissero ancora utilizzati dopo oltre 30 anni.
Nella pratica dell’attività di chi trasferisce su file i dischetti (dumping) ancora molti floppy riescono ad essere letti ma il margine di sicurezza è comunque ampiamente superato ed è palese che non ci sia più molto tempo per rimandare la loro preservazione: tutti dovrebbero trasferire i dati dei loro floppy il prima possibile.
Il decadimento dei supporti, il campo magnetico terrestre e le condizioni ambientali non sono le uniche minacce che affliggono questa grande massa di dati: molti dischetti vengono gettati o distrutti senza riconoscerne a tutti gli effetti una valenza culturale, artistica o di ingegno tra le opere umane. Se ci pensate ogni libro, pubblicazione, disco musicale, film ed opera artistica viene, come è giusto che sia, archiviata dalle librerie nazionali di tutto il mondo mentre questa stessa cosa non accade per il software per il quale nessuno sembra preoccuparsi di preservarlo dalla scomparsa e di tramandarlo alle future generazioni.
Tutto è affidato al lavoro di pochi appassionati che in giro per il mondo fanno del loro meglio per conservare e proteggere. Oltre l’indifferenza culturale spesso anche la speculazione diventa un ostacolo a quest’opera di salvaguardia. I dischetti tendono a diventare poco diffusi e c’è sempre qualcuno che, cercando di ricavarne un profitto esagerato, rende estremamente costoso e impraticabile il lavoro di preservazione.
Abbiamo poi il problema dei collezionisti che privi di lungimiranza accumulano compulsivamente enormi quantità di materiale senza trasferirlo e senza condividerlo. Viene da sé che questo non riguarda solamente la sfera della generosità verso il prossimo di cui purtroppo alcune persone sembrano essere sprovviste ma soprattutto l’idea di condivisione e sicurezza allargata dei files contro possibili perdite di dati o malfunzionamenti dell’hardware.
Senza scordarsi che un dischetto non trasferito e impilato come un trofeo su uno scaffale in pochi anni diventerà illeggibile e inutilizzabile perdendo tutti i suoi dati e il suo valore economico e non potendo così poi essere ripristinato per l’assenza di una copia di backup trasferita.
Un discorso distintivo va fatto per quanto riguarda la preservazione del software originale e di quello pirata: il software originale ha bisogno di una cura e un’attenzione maggiore in quanto è molto meno diffuso, difficilmente reperibile e soprattutto difficile da trasferire rispetto a quello piratato.
Contiene protezioni, firme digitali, grafiche e hiscore originali, di solito contenenti i nomi dei programmatori, che molto spesso nelle copie pirata vengono totalmente alterate se non eliminate del tutto.
Dall’altro canto però anche le copie piratate hanno la loro dignità in quanto raccolgono l’ingegno dell’altra faccia della medaglia: l’hacking. Possiamo ritrovare l’eleganza dello sblocco di una protezione con il cracking, oppure l’intro di un distributore pirata, i cheat per rendere il gioco più facile, spesso decisivi in quei giochi che, per colpa di qualche bug, non possono essere giocati interamente, senza contare le schermate di caricamento alternative, le demo, i miglioramenti al gioco se non addirittura le espansioni dei livelli.
Insomma è giusto preservare ogni singolo dischetto che sia originale o piratato perché è un pezzetto di storia che, oltre ai singoli dati, conserva anche un contesto storico culturale che merita di essere salvato e tramandato a tutti coloro che verranno.
Il DumpClub64 è un’iniziativa Italiana, dedicata principalmente al Commodore 64, e formata da un gruppo di appassionati di retrocomputing che si prefigge proprio questo intento: conservare, catalogare e condividere gratuitamente su file il software dei vecchi supporti magnetici e dei nastri del Commodore 64.
Come abbiamo già scritto, il tempo, l’oblio e il campo magnetico terrestre sono le principali ragioni per cui tantissimi programmi e giochi rischiano ormai di scomparire per sempre dalla nostra memoria: speriamo con il nostro modesto lavoro di riuscire a salvaguardare più materiale possibile, ritenendolo un piccolo patrimonio di valore storico e culturale. La nostra missione pertanto è preservare tutto il software, possibilmente anche quello Italiano molto meno diffuso, allegando i manuali originali o le schede del tempo.
Ci teniamo a precisare che facciamo tutto questo senza alcun scopo di lucro e gratuitamente. Non prendiamo soldi dai click alle nostre pagine e non prendiamo soldi dai banner pubblicitari che non abbiamo, anzi di soldi ne mettiamo tanti di tasca nostra per coprire le spese e per le apparecchiature, senza contare il tempo che impieghiamo.
Facciamo il nostro lavoro perché crediamo sia utile farlo e, come abbiamo scritto in precedenza, non avrebbe valore se non fosse condiviso con gli altri: per questo motivo tutto il software che trasferiamo è interamente condiviso con la comunità degli appassionati di retrocomputing e con chiunque altro voglia usufruirne.
Il nostro sito è (www.dumpclub64.it) e oltre alla condivisione dei file, non disdegna recensioni su giochi e riviste dell’epoca dedicate al mitico home computer. Nella nostra pagina Web sono già pronte centinaia di sessioni piene di programmi e utility facilmente scaricabili. Se volete contribuire e inviarci qualcosa andate nella sezione upload e spedite i vostri files: è tutto molto gradito e poiché di lavoro ce n’è tanto, chiunque voglia collaborare con noi è fortemente ben accetto.