Correva l’anno 1990 ed era appena iniziata l’estate. L’anno di Italia ’90 e delle notti magiche in cui si giocò il famoso mondiale. L’Italia raggiunse solo il terzo posto con una squadra di giovani elementi in cui spiccò il debuttante Schillaci. Arrivammo solo fino alla semifinale persa ai rigori contro l’Argentina di Maradona. L’Argentina li segnò tutti, mentre Goycochea neutralizzò i tiri di Donadoni e Serena, sancendo un approdo in finale che alla squadra Sudamericana mancava da 32 anni.
Ma passiamo ad un altro pezzo di storia, o meglio un mio pezzo di storia personale:
All’età di tredici anni giravo tutti i bar di Cologno Monzese alla ricerca di un arcade game, e lo trovai in un bel baretto, il Bar Ispa. Una clientela sempre più scarsa lo costrinse a chiudere dopo anni, ma oggi lo voglio ringraziare qui in questo post per la sua gentilezza, pazienza e per avermi fatto divertire con i suoi arcade game. Il titolare era il classico barista anni ’80, con baffetti e camicia a righe, lo stereotipo perfetto di una Milano da bere, espressione di moda degli anni 80′ che indicava il benessere e la vita sociale milanese.
Spinto dalla curiosità vidi questo nuovo videogioco. Il protagonista era un ninja. Capì subito che non era il classico picchia duro o un semplice gioco di ninja che andava di moda a quei tempi.
Shadow Warrior, questo il titolo, era tratto dalla serie Ninja Gaiden per Nintendo .Suddiviso in sei livelli aveva vari nemici da affrontare e boss finali lungo il percorso. Picchiatori con maschere da hockey (un omaggio a Jason di Venerdì 13), esperti di arti marziali e tanti altri.
Il gioco partiva iniziando da una cittadina di periferia, in cui il boss finale era un enorme lottatore di sumo, per poi spostarsi a New York tra il traffico cittadino. Mi ricordo le imprecazioni che tiravo quando faticavo a saltare tra una sbarra e l’altra per evitare le macchine che sfrecciavano a tutta velocità.
I due boss del secondo livello erano una coppia di lottatori di Wrestling che ricordavano i Demolition, un tag team di wrestling degli anni ’90.
Il terzo livello era ambientato in un luogo stile Las Vegas. Il boss finale e i tre guerrieri con artigli ninja erano parecchio agili e non erano facili da colpire.
Per non rovinarvi troppo la sorpresa e il divertimento mi limiterò a descrivere gli ultimi tre livelli. Una ferrovia in disuso, un bosco ed infine il castello del boss finale con parecchi riferimenti esoterici… e il boss finale chi è? Arrivateci e poi me lo direte nei commenti o tramite un messaggio (ad orari decenti eh).
Arrivò l’inverno quando sfogliando un nuovo numero di Zzap ecco apparire “l’Eroe degli anni 90”. Con tanto di locandina che occupava un’intera pagina finalmente si parlava della conversione del gioco per Commodore 64.
Così quando arrivò al negozio qui vicino casa mia, non persi tempi, presi tutti i miei risparmi e corsi a comprarlo! Una volta arrivato a casa accesi subito il mio mitico biscottone, e messa la cassetta nel Datassette attesi il tempo di caricamento che non fù così biblico rispetto ad altri giochi.
La grafica non era proprio delle migliori, i nemici cambiavano solo nella palette di colori e non erano presenti tutti quelli dell’arcade. Mancava un livello e gli altri erano stati accorciati con addirittura l’inversione dei boss finali. Giocandolo mi venne in mente un altro titolo alquanto demonizzato, la conversione di Strider che probabilmente in futuro recensirò dato che lo sto giocando in questi giorni.
Una volta presa la mano la giocabilità non era poi così male. L’unico vero nemico del gioco era il pochissimo tempo che c’era tra un’ondata di nemici e l’altra. Due cose che apprezzai di più era la rottura degli oggetti dello scenario (cabine telefoniche, cartelloni ecc.) e il parco mosse come la presa che mi divertivo a fare nella versione arcade, peccato mancasse quella dove si poteva scalciare restando appesi ad una sbarra.
Ah… vi svelo un segreto, nel secondo livello non ci sarà nemmeno l’ombra di una macchina che passa, peggio di quando c’era il Lockdown a Milano, così potrete ballare in mezzo alla strada, ma state attenti perché 99 secondi in questo gioco non sono molti. La musica è totalmente assente tranne nella schermata dei titoli.
Conclusione: i programmatori si sono fatti perdonare con il tempo di caricamento e relativi multiload corti, ma la conversione non era proprio riuscitissima. Vale comunque la pena di giocarlo e avere il gioco tra quelli che si collezionano.
Un saluto dall’afosa Milano il giorno di ferragosto.
Daniele Brahimi
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